Premio Combat Prize

Davide Nardi - Premio Combat Prize

OPERA IN CONCORSO | Sezione Grafica

 | La vittima

La vittima
matita, cartoncino
50x70

Davide Nardi

nato/a a Roma
residenza di lavoro/studio: Roma, ITALIA


iscritto/a dal 12 mag 2016


Under 35


visualizzazioni: 1300

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penna biro, cartoncino

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Senza nome
penna biro, cartoncino

Descrizione Opera / Biografia


L’opera tende a cogliere concettualmente i presupposti del vittimismo e a suscitare le sensazioni che scaturiscono da tale meccanismo psicologico. 
La figura in primo piano appare contorta per la sofferenza e viene presentata senza braccia per simboleggiare l’impotenza. Per rafforzare il sentimento di costrizione la parte inferiore del corpo è incastrata in un bozzolo metallico. Questo controverso personaggio, lacerato da scavi che solcano la sua superficie esteriore, si compiace tuttavia di tale sofferenza e si eleva su di un piedistallo così che la massa omogenea di ”individui comuni” possa ammirarlo. Egli si pone inoltre davanti ad uno specchio per ammirare la sua sofferenza ma la parte al di sotto del piedistallo, abitata dalla massa di individui comuni, è visibile solo dallo specchio. Ció sta ad indicare il fatto che la vittima mantiene un rapporto mediato con l’alteritá. Essa infatti vede gli altri solo attraverso la cornice di sofferenza che si è costruita. Non si riesce a vedere invece il corpo della figura principale nel riflesso poiche la stessa è situata tra lo spettatore e lo specchio. Ció sta a rappresentare il fatto che un osservatore esterno é in grado di vedere la sofferenza della vittima ed il suo desiderio di essere ammirata, ma non puó avvicinarsi all’immagine mentale che la vittima ha costruito di sè.
A tenere le redini di questo meccanismo è una figura oscura frammentata che regge metaforicamente  lo specchio. É la psiche, la quale distorce la realtá della vittima tentandola proprio con quell’autocompiacimento deviato. L’angolo in alto a sinistra dello specchio è frammentato proprio perchè la psiche ha incrinato quel riflesso di realtá alterando la normale percezione dell’altro e centrando l’attenzione su una sofferenza divenuta ormai una pertinenza dell’ego./ Nato a Roma nel 1987, dopo la maturità classica conseguita presso il Liceo Ginnasio Statale ‘T. Tasso’ frequenta la facoltà di Giurisprudenza dell’università ‘Sapienza’ di Roma dove, nell’Ottobre 2013, si laurea con tesi in Filosofia del diritto dal titolo “Diritto ed ermeneutica in J. Derrida”.
A seguito di concorso ottiene un posto come dottorando presso l’istituto di Filosofia del Diritto. Conduce un percorso di ricerca finalizzato a mostrare il collegamento tra il formalismo giuridico e l’utilizzazione funzionale dei processi psichici caratteristica dello stato ossessivo.
A partire dalle considerazioni di Luisa Avitabile sulla burocratizzazione dell’ermeneutica (AA.VV., Persona Imputabilità, Ermeneutica, Torino 2014), e dalla sollecitazione di Bruno Romano ad approfondire la riflessione giusfilosofica presente nel ‘Processo’ di Kafka (B. Romano, Giudizio giuridico e Giudizio estetico. Da Kant verso Schiller, Torino 2013), avvia il lavoro di tesi di dottorato prendendo la letteratura kafkiana come riferimento. Attraverso il confronto con Hannah Arendt e Karl Jaspers individua, nell’opera di Kafka, elementi che si mostrano riconducibili alle teorie freudiane e che lasciano emergere una riflessione filosofico-giuridica sul rapporto tra psiche e diritto in un contesto sociale funzionalista.