La prima cosa che le cinesi clandestine sono costrette a fare una volta giunte in Italia è nascondere o bruciare i documenti perché senza documenti è impossibile essere espulse. Senza un passaporto che lo attesti, l’ambasciata cinese non le riconosce come concittadine.
Se la polizia le trova senza documenti vi è un mandato d’espulsione che ordina di lasciare il paese entro cinque giorni. Non lo fa nessuno e intanto l’organizzazione criminale trova loro un altro posto dove lavorare.
Così molte cinesi sono costrette a lavorare come schiave, prevalentemente nelle fabbriche tessili della moda made in Italy e nei falsi centri massaggi che altro non sono che luoghi di prostituzione.
Si stima che queste cittadine invisibili siano circa 169.000.
Gabri Guerrini vive e lavora in toscana; è laureata in storia e filosofia presso l’Università degli Sudi di Pisa.
La sua passione per la fotografia nasce in Africa dove ha lavorato come cooperante, prima in Madagascar e poi nella Repubblica Democratica del Congo.
Nel 2016 é stata selezionata per il premio Confini 14 con il progetto ”Papà torna presto”.