Descrizione Opera / Biografia
Channel è un assemblaggio di elementi metallici, stratificazioni di vie di comunicazione, compressione di messaggi, onde catturate dall’etere e rese solide. Ritagli di lastre, a forma prevalentemente curva, si intersecano cercando di invadere il più possibile lo spazio circoscritto dell’opera. Nuove forme e saldature si addensano o si distanziano formando marchingegni capaci di evocare una qualche remota funzionalità. L’idea che ne scaturisce è quella di trovarsi di fronte ad una recente archeologia tecnologica, epocalmente distante, ma temporalmente ancora molto vicina. Di fatto questi oggetti comunicano empatia e non distanza, calore umano e non formalismo astratto. Si tratta di un’arte che si potrebbe definire “residuale”, ma che, invece che alla sottrazione, tende alla moltiplicazione e all’accumulo. Quella che appare è la mappatura di una hyperconnectivity che si materializza attraverso elementi di risulta immersi nel sistema della geometria frattale. I lavori parlano un linguaggio arcaico e insieme contemporaneo. E’ solo un simbolo che stimola la memoria emotiva dell’infanzia, o del passato, attraverso oggetti comuni diventati già archeologia. Ciò che diventa forma si ispira a qualcosa che non ha mai avuto forma concreta, perché riguarda un insieme di relazioni, di trasmissioni, e di percorsi spazio- temporali. Opere come Channel e Cage Match denunciano, e insieme esaltano, equivoci e fraintendimenti attraverso i quali si configurano i pensieri e le memorie degli esseri viventi. Nello stesso tempo, però, dimostrano anche la capacità di tali processi di attingere ai contenuti di una memoria collettiva e di una memoria genetica. E questo accade quando la traccia lasciata dai fatti accaduti ad altre persone viene fagocitata e metabolizzata, ed entra a far parte di una memoria individuale per essere raccontata, trasmessa o rappresentata anche in ambito estetico.
Justin Peyser cresciuto nel New Jersey e all’età di 22 anni si è trasferito a New York. Si è laureato ad Harvard nel 1986, presso il Department of Visual and Environmental Studies e negli anni ’91-‘92 ha frequentato l’Accademia di Belle Arti di Bologna. Appartiene alla prima mediageneration americana, cioè quella cresciuta negli anni ’70 (in netto anticipo sull’Europa) ed erede dell’estetica delle Avanguardie basata sulla Decontestualizzazione e sull’Assemblage. Le sue sculture e le sue installazioni sono realizzate mediante l’assemblaggio e la saldatura di lamiere o di parti metalliche di oggetti di risulta. Quelli che lui rappresenta infatti sono luoghi di confluenza di territori mentali, culturali e ambientali e le sue opere sono concepite come mappe che fanno pensare a canali di comunicazione. A volte questi suoi luoghi hanno oltrepassato i confini dell’opera e si sono trasformati in interventi concreti indirizzati alla riqualificazione degli spazi urbani nell’ambito delle periferie e delle aree in disuso. Dal 1992 al 2003 ha curato per una banca etica progetti di restauro e riqualificazione delle aree neglette della città di New York come il Bronx, Brooklyn e Newark. Di fatto la sua ricerca artistica spazia dalla cultura tecnologica a quella umanistica, con particolare attenzione alla storia dei flussi migratori e alle problematiche connesse alle diaspore.