Descrizione Opera / Biografia
La serie Recompose interagisce con lo spazio che la accoglie, evidenziando la natura installativa insita nell’opera stessa. Se ci si pensa bene, ogni cosa si completa solo dopo aver deciso, sulla base della nostra sensibilità, come e dove collocarla. Quindi essenzialmente, tutto scaturisce dall’idea di far dialogare il mio lavoro con l’ambiente che lo ospita, includendo nel processo creativo il fruitore (collezionista, gallerista, curatore) con l’invito a completare l’opera nell’installazione, attraverso specifiche modalità operative suggerite dalla sua medesima struttura compositiva. Qui l’azione dello strappo del supporto cartaceo, interamente dipinto di pittura bianca da ambedue le parti, inteso come processo finalizzato alla perdita del controllo del risultato, avviene con violenza senza tanto preoccuparmi dell’estetica dello strappo come avveniva nella serie Skin, in quanto poi successivamente i vari pezzi vengono ricuciti e rimessi insieme, come in una sorta di restauro dell’opera, con il nastro americano che va a determinare le ampie tracce che, ricoprendo interamente gli strappi rendendoli semplici rilievi, palesano il dato formale. In fase di installazione e sempre attraverso l’uso del medesimo nastro, la traccia può essere prolungata al di fuori del supporto per uscire fuori dai confini del quadro ed espandersi e dialogare con lo spazio e la superficie che la accoglie. Sarà colui che installa il lavoro ad interpretare e finire l’opera, singola o multipla che sia, scegliendo quali e quante tracce prolungare, come dei link di collegamento, nello spazio. L’opera in questo modo non sarà mai satura ma sempre in divenire, come l’idea che accompagna tutta la mia ricerca artistica. Ovviamente l’opera è anche provvista di fori per essere installata con i classici chiodini. Nel titolo dell’opera, il numero seguito dalle lettere H (ora), M (minuti) e S (secondi) indica il tempo impiegato per la sola ricomposizione dei pezzi.
L’opera nasce così dalla sua negazione. Con la serie Recompose la pratica della lacerazione tocca il suo punto più profondo, cioè quello che corrisponde all’annullamento del supporto: è proprio dalla negazione di quest’ultimo che nasce la pratica del “ricomporre”.
Carlo Colli (1968) vive e lavora come docente di pittura al Liceo Artistico di Firenze.
Dopo un percorso di ricerca rivolto particolarmente al figurativo e all’esplorazione delle tecniche pittoriche, dal 20113 ad oggi inizia a sviluppare una serie di progetti di ricerca come: Section, Post, Crumpled, Skin e Recopose che daranno una forte connotazione astratta e concettuale al suo lavoro.
Piegare, strappare, accartocciare, diventano i suoi principali strumenti per una ricerca sottrattiva che, oltrepassando la dimensione compiuta e immutabile dell’oggetto, esplora e riflette la natura caduca, transitoria ed effimera dell’essere nel nostro tempo.
Presente in diverse collezioni pubbliche e private, dal 2015 una sua opere è parte della collezione permanente del CAMUSAC Museo di Arte Contemporanea di Cassino.
Ha esposto in numerose mostre collettive e personali.
Fra queste si ricordano:
“Tape”, a cura di Luca Sposato, galleria DieMauer, Wopart, Lugano (collettiva 2017) - “La torre di Babele”, a cura di Pietro Gaglianò, Ex Fabbrica Lucchesi – MUSEO PECCI Arte Contemporanea, Prato (collettiva 2016) - “Profanations formelles” - carte blanche, a cura di Alessandro Gallicchio, YIA #7, Parigi (collettiva 2016) - “Vulnus et Vultus”, a cura di Leonardo Conti, presentazione e introduzione di Raffaele Tovazzi, galleria PoliArt Contemporary, Opificio delle Idee, Rovereto (doppia personale 2016) - ”Carlo Colli - The Others Art Fair”, galleria DieMauer, Ex Carcere Le Nuove, Torino (personale 2015) - “NIENTE è come vedi”, a cura di Luca Sposato, galleria DieMauer arte contemporanea, Prato (personale 2015) - ”Nuove opere della collezione tra acquisizioni e proposte Omaggio ad Achille Pace”, a cura di Bruno Corà e Tommaso Evangelista, MUSEO CAMUSAC Arte Contemporanea, Cassino (collettiva 2015) - ”Coscienza Anestetica” Movimento Eventualista Ipotesi sottrattiva per un’arte relazionale, a cura di Tommaso Evangelista MUSEO SANNITICO, Campobasso (collettiva 2014) - “Materie”, MUST, a cura di Simona Bartolena MUSEO del territorio Vimercate, Castello Trezzo sull’Adda - MI – (collettiva 2014) - “Campo visivo - di Bianco Valente”, a cura di Pietro Gaglianò, SRISA Gallery of Contemporary, Firenze (collettiva 2014) - ”Carte nomadi - l’indistruttibile caducità della pittura”, a cura di Leonardo Conti, PoliArt Contemporary, Milano (personale 2013) - ”SPOSTATO”, testo di Martina Sunè, galleria DieMauer Arte contemporanea, Prato (personale 2013) - ”Section #1”, testo critico di Carolina Lio, galleria Artcore gallery contemporary project, Bari (personale 2013), - “The Wall (archives) #8 – beyond the railway“, a cura di Pietro Gaglianò, Borgo Loreto/SP, Cremona, (collettiva 2013), ”Step09”, Fabbrica del vapore, galleria DieMauer, Milano (collettiva 2013)