Premio Combat Prize

Costa Villar - Premio Combat Prize

OPERA IN CONCORSO | Sezione Pittura

 | SE DIO E’ PADRE SIAMO TUTTI FRATELLI

SE DIO E’ PADRE SIAMO TUTTI FRATELLI
tecnica mista, cartoncino riciclato
32x46

Costa Villar

nato/a a São Vicente - Stato Di São Paulo - Brasile
residenza di lavoro/studio: Santos - Stato Di São Paulo, BRAZIL


iscritto/a dal 13 apr 2018

http://instagram: jose maria da costa villar facebook: villar trabalhos art


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Altre opere

 | Il linguaggio nella favela

Il linguaggio nella favela
tecnica mista, cartoncino riciclato
42,5x59

 | Agglometato di anime

Agglometato di anime
tecnica mista, cartoncino riciclato
38x49,5

 | La tempesta minaccia le baracche

La tempesta minaccia le baracche
tecnica mista, cartoncino riciclato
50x38

Descrizione Opera / Biografia


Il quadro “SE DIO E’ PADRE SIAMO TUTTI FRATELLI” fa parte di una serie dedicata a favelas brasiliane costruite su palafitta.
Sotto una frase che dichiara un principio di uguaglianza morale e materiale tra gli uomini: “Se Dio è il Padre siamo tutti fratelli” è ritratta una baraccopoli che dalla città si estende nelle periferie ospitando situazioni di vita molto povere a dimostrare la disuguaglianza e ingiustizia della società contemporanea brasiliana.
Si tratta della rappresentazione artistica di denuncia delle condizioni della periferia brasiliana abbandonata all’insicurezza, e bacino di marginalità sociale.
La favela è formata da baracche costruite con legno, lamiera e materiali di fortuna a volte recuperati dalla spazzatura dalle stesse persone che le andranno ad abitare.
Si tratta di soluzioni abitative informali ed abusive adottate da famiglie che, non avendo un alloggio, occupano spazi liberi dall’urbanizzazione e spesso non edificabili perché incongrui alla residenza sui quali innalzano case precarie. I terreni qualitativamente peggiori sono le aree sopra piccoli fiumi o ristagni di acqua, sui quali per costruire è necessario creare una palafitta con cui sollevano le baracche da terra.
Si tratta di soluzioni insane e molto pericolose.
Chi vive in queste abitazioni corre costantemente il rischio di perdere la vita a causa di incendi o altri incidenti che sono molto frequenti come, ad esempio, l’innalzamento improvviso dell’acqua: a volte si muore per un’acquazzone o si vive (e si dorme) con la paura che l’acqua possa salire di livello e inghiottire la casa e la famiglia che vi abita. Le abitazioni sono prive di acqua corrente mentre la luce generalmente è collegata attraverso un ponte elettrico abusivo, anch’esso precario, alla rete principale e viene distribuita passando i fili di casa in casa, formando una grande rete informale, insicura ed estranea ad ogni autorità di supervisione.
L’angolo visuale proposto accompagna l’osservatore in una prospettiva che, da lontano, porta ad avvicinarsi alle case fino ad entrare tra le baracche attraverso la palafitta. L’intento è quello di presentare il dramma facendo emergere una comprensione, un’ adesione emotiva quasi fraterna e solidale evitando qualunque compassione o commiserazione.
Le favelas rappresentate sono frutto di un’osservazione attenta dell’artista la cui abitazione, per anni negli anni dell’infanzia e adolescenza, ha confinato con una di queste baraccopoli. La vicinanza e la frequentazione, a scuola come per strada, di coetanei abitanti della favela ha permesso di conoscere da vicino questa realtà tanto da assorbirne la tragicità ma anche lo spirito di lotta e di resistenza degli abitanti.
Il quadro è realizzato su cartoncino riciclato con tecnica mista, acrilico, biro e collage.
Fanno parte della serie:
Agglomerato di anime
La tempesta minaccia le baracche
Il quadro “IL LINGUAGGIO NEL CONTESTO DELLA FAVELA” è ispirato alla teoria del linguaggio come raffigurazione di Ludwig Wittgeinstein. Nell’opera Ricerche filosofiche (nell’originale tedesco, Philosophische Untersuchungen) il filosofo sostiene che il linguaggio ideale non è altro che una “mappa del mondo”. Come una carta geografica raffigura la posizione delle città, la distanza tra di esse, così il linguaggio perfetto “rispecchia” la struttura reale dei fatti.
Questa rappresentazione esplicita come il linguaggio nel contesto sia condizionato dall’umiltà e povertà sociale di ciò che viene rappresentato.
Le frecce associano i mestieri degli abitanti alle baracche nelle quali vivono.
Emerge così una raffigurazione della marginalità formata da soggetti esclusi dalla società nella quale operano generalmente come manodopera a basso costo.
Sono guardiani, muratori, addetti alla raccolta dei rifiuti, aiutanti dei mestieri appena citati e cioè lavoratori senza alcuna qualifica professionale, senza competenze specifiche, ma supporto tuttofare sottopagato delle maestranze.
Biografia
Josè Maria Costa Villar è un artista di Santos città brasiliana dello Stato di San Paolo, nella quale vive e lavora. Si è laureato in Disegno Industriale e Arti Plastiche all’Università di Santa Cecilia alla fine degli anni ‘70 e successivamente in Diritto, nella stessa Università. Ha praticato la professione di avvocato. Ha ottenuto varie specializzazioni tra le quali quelle in fotografia.
Coltiva la passione dell’arte fin dall’infanzia, si dedica alle arti plastiche e dipinge dall’età di nove anni.
Costa Villar è uno artista polivalente: nella scelta dei materiali, nelle tecniche utilizzate, nei temi rappresentati.
La sua ricerca trova le radici in un’arte figurativa assai ampia e complessa che lo ha portato all’acquisizione di una padronanza tecnica e cromatica che gli ha permesso, negli anni successivi, di esprimersi con stili e contenuti sperimentali.
Partecipa alle maggiori manifestazioni locali e nazionali conseguendo numerosi premi.
Nel corso della sua carriera ha abbracciato dall’espressionismo all’action painting, fino al surrealismo, al dada e il tachisme, spaziando parallelamente tra i diversi stili.
In una ulteriore fase artistica, più recente e visionaria, Costa studia le sue realizzazioni di pittura gestuale e tachisme fotografando l’opera realizzata con l’intento di cercare nei dettagli del dipinto figure e volti con il metodo ideato da Hermann Rorschach e che ha ispirato l’omonimo test utilizzato in psicologia e psichiatria.
Si tratta di un percorso che permette all’artista di rimanere nella realtà trasfigurandola in fantasie leggibili.
Un momento chiave nella carriera di Costa è quello dedicato al tema del linguaggio. L’artista si ispira alla scoperta di Wittgenstein usando soluzioni formali che appaiono mosse dal contenuto, per cui ad ogni massima corrisponde una rappresentazione formale diversificata. Il rapporto tra contesto e senso, la ricerca di soluzioni esistenziali attraverso la strutturazione, o, meglio, la ristrutturazione del linguaggio, la positività filosofica del “non senso” stimolano l’autore a “dipingere il linguaggio” creando un rapporto diretto tra le massime e l’impostazione cromatica e la partizione spaziale del quadro. Si tratta di uno studio non caratterizzato da unità di stile ma da una serie di varianti strettamente legate al tema.
Nella sua libera assunzione di tecniche diverse – pittura, assemblaggio, scultura, e di stili multipli – ora informali, ora neodada, si riconoscono echi dell’arte povera con una interpretazione artistica totalmente originale. Costa utilizza supporti poveri e di scarto, riformulando il loro utilizzo in un’ottica del riuso. Considera che un materiale che è già stato utilizzato, ed ha raggiunto il suo scopo particolare possa assumere un’altra funzione e trasformarsi in un supporto sul quale l’artista esprime la propria arte. Riflettendo da artista del sud del mondo, Costa considera l’uso di materiali trovati e recuperati come un’opportunità per dimostrare l’universalità e l’accessibilità dell’arte. Inoltre sostiene che il riuso non sia solo una scelta artistica ma un’opzione che “facilita” l’espressione e accende la creatività e l’ingegno di chi realizza l’opera. In forma critica verso la società consumistica e alla mercificazione di tutti i valori, Costa usa come supporto delle sue opere i fogli di cartone sottile utilizzato per le promozioni dei supermercati destinate al macero allo scadere delle offerte. E dipinge sul loro retro evocando nuove immagini, alterando i codici della comunicazione visiva. Le due facce del foglio – una che riporta il quadro dell’artista e l’altra che mantiene le offerte alimentari originarie - intessono tra loro un dialogo di forte impatto concettuale ed emotivo.
Alcune partecipazioni e premi: Fotografia Oceanografica - Rio Grande do Sul - cat.: fotografia (1990 e 1991) - Salone delle Arti Plastiche di Itanhaém - Settimana Benedito Calixto - cat.: pittura (1991-1992 (Menzione d’onore) 1993) - III Biennale Nazionale di Santos – Arti Plastiche - cat.: pittura (1991) - I Salone Celula Mater - Spazio culturale Mont Martre - São Vicente- cat.: pittura (1992) - Soroptimist International Club di São Vicente - cat.: pittura (1992) - 1 °Salone São Vicente- modalità: pittura (1992) - IV Esposizione Biennale Nazionale di Santos - cat.: pittura (1992) - Medaglia di bronzo - V Salore Arti Plastiche Praia Grande / SP - cat.: pittura (1993) - 6a Mostra UNISANTOS - Università Cattolica di Santos – cat.: pittura (1995)- III Salone contemporaneo - NACLIP (Centro di arte e cultura del Litorale Paulista) - cat.: pittura (1999) -10ª Mostra UNISANTOS – cat.: pittura (1999) - Medaglia d’argento - Collettiva Sindipetro Arts Gallery - NACLIP (Centro artistico e culturale di Litorale Paulista cat.: pittura (1999). Mostre personali: Usiminas, Br (2009), Cadeia Velha,Br (2009), UniSanta, Br (2010), Spazio Culturale Hospital Ana Costa (2012), Comune di Praia Grande, Br (2012), Firenze, It Cinema Odeon (2014), Pisa, It Palazzo della Provincia (2014)