Descrizione Opera / Biografia
Fotografia di luoghi abbandonati ,ripresa in HDR e rielaborata in post produzione, stampa diretta su forex 10mm in 70x100 cm
Biografia
Giuseppe Santamaria Palombo nasce nell’alto vicentino e precisamente a Thiene nel 1960. Il suo interesse per la fotografia sboccia all’età di quindici anni quando, osservando delle foto su soggetti paesaggistici scattate dal cugino, inizia a vedere la fotografia come espressione artistica. Inizia così il suo percorso di scoperta e formazione, ed è con una “Comet Bencini” che comincia a scattare le prime foto. Nel 1978 si iscrive al circolo fotografico di Thiene dove trova la possibilità di mostrare i suoi lavori ed ottenere consigli da fotografi più esperti. Nel 1983 inizia la professione di fotografo a Vicenza dove lavora fino al 1987 quando apre lo studio , che gestisce tutt’ora, a Thiene: “ PhotoIdea ”. Dopo l’importante esperienza al circolo di Thiene si trasferisce, nel 1994, in quello di Schio, dove nel 2000 entra nel direttivo ( ne è vicepresidente dal 2001 al 2003 ). Dal 2003 al 2009 ricopre la carica di delegato provinciale FIAF, che nel 2007 gli ha conferito l’onorificenza di “Benemerito della Fotografia Italiana” (BFI). Ha partecipato a vari concorsi fotografici, arrivando spesso nei primi posti, ed ha realizzato varie mostre personali e collettive . La sua ricerca è costante e riguarda il campo della fotografia a 360°. Particolare oggi è l’interesse per la fotografia digitale e tutte le infinite frontiere creative che essa offre. .
LA LUCE NELL’ABBANDONO
“Centinaia di scledensi ci passano sotto ogni giorno eppure a pochi è balzata agli occhi quella incisione in numeri romani, sotto il nome di Francesco Rossi: 1817. Quest’anno ricorre il bicentenario della fondazione del Lanificio Rossi e la ricorrenza sta passando sotto silenzio”. (Mauro Sartori – “Il GIORNALE DI VICENZA”)
Osservando questa mostra verrebbe da dire che il “fatto” non è passato inosservato allo sguardo di Santamaria che, con originale creatività, ha inteso omaggiare, attraverso il suo obiettivo, questo sito dimenticato: “testimone silenzioso della maggiore industria laniera italiana nella seconda metà dell’800, vanto per innovazione”.
Se è pur vero che molti fotografi si sono spesi - sui siti abbandonati - per testimoniare le tracce di un tempo passato, diverso è l’atteggiamento scelto da questo autore che, pur mettendo a fuoco un’emergenza di altissimo valore (un’architettura tanto nota e celebrata in manuali e convegni quanto ignorata), pone una luce diversa sul luogo astraendolo dalla realtà per elevarlo ad un’insolita interpretazione artistica.
Se un luogo abbandonato produce il vuoto … il luogo non è improduttivo poiché, a mio avviso, può lasciare spazio alla creatività dell’autore libero di farne quel che gli pare. Il vuoto è una condizione che permette di riempire, di imprimere un’ “orma” come su una distesa di sabbia piatta e bagnata dal mare. I luoghi abbandonati sono poetici, lontani dal quotidiano, ma così eterni nel loro essere vittime dell’agire del tempo.
Le opere di Santamaria parlano di un mondo imperfetto, dell’usura della vita affrontata con umiltà, della sofferenza che si fa arte: attraverso la materia, gli scarti, le cose consumate, alle quali l’autore aggiunge una interiore leggera liricità che allevia il quotidiano, come quell’imprevedibile presenza di un piano che ci fa escalmare: “cosa diavolo ci fa un pianoforte in mezzo a quella grande stanza e, soprattutto, perché?”.
In quest’abbandono, c’è un vuoto silenzioso quasi nascosto dalla metafisica presenza di un lungo tendaggio con funzioni diverse da quelle per cui era stato pensato e appeso. Un vuoto fotografato (in controtendenza rispetto ai molti lavori prodotti sul tema) con leggere cromie (trattate in HDR) per modificare la realtà; e così la fotocamera si muove, si ferma, osserva e con un click raccoglie momenti che il proprio stato d’animo interpreta ed elabora.
Scatti capaci di suscitare curiosità e stimolare una riflessione, sul presente e sul futuro di questo monumento al lavoro, simbolo di un’età che sembra tramontata e che nonostante tutto continua a vivere in silenzio in attesa di una rigenerazione, che può prendere le mosse, perché no, anche da queste eloquenti e suggestive immagini.
Concluderei (queste mie note) con gli intensi versi di Vincenzo Cardarelli :
Volata sei, fuggita
come una colomba
e ti sei persa, là, verso oriente.
Ma sono rimasti i luoghi che ti videro
e l’ore dei nostri incontri.
Ore deserte,
luoghi per me divenuti un sepolcro
a cui faccio la guardia.
Un messaggio chiaro, triste e pregno di sofferenza, per la fine di un rapporto che evidentemente non potrà proseguire ma “degno d’essere custodito nella memoria”.
Giuseppe Santamaria - a differenza del poeta - propone una “luce” nuova su ciò che è stato, una speranza, che solo un’accurata visione artistica può farci immaginare. Buona Luce!
Trieste, agosto 2017
Giancarlo Torresani