La mia ricerca pittorica ripete e rinnova i suoi esercizi intorno al volto e al corpo. Il lavoro procede senza un preciso progetto, seguendo anche gli accostamenti e le verità del caso, prendendosi cura degli errori e portandoli a compimento. Tento di seguire un processo intuitivo che vede l’immagine come unica protagonista e custode di un certo mistero, lo ”sconosciuto” a cui fortemente tendo. L’incertezza è il terreno su cui mi muovo ed è forse proprio lei che mi permette di accedere, alla fine del lavoro, a una sorta di riscoperta personale. Perché non si ha niente da dire. Perché avere qualcosa da dire non significa ”dire qualche cosa”, ma piuttosto ”essere qualche cosa”. Così l’opera terminata diventa un carattere.