Apparizione/sparizione, presenza/assenza sono i poli concettuali tra i quali oscilla la mia ricerca artistica in un lavoro che pone l’accento su un atteggiamento, quello della protezione e cura, tutto al femminile. I processi che portano alla creazione di tali forme sono così quelli dell’avvolgere e ricoprire, attraverso stoffe imbevute di gesso, forme naturali e misteriose. Si tratta di rievocazioni, inconsce sopravvivenze dell’arte antica quelle che cerco di far riemergere nelle opere e contemporaneamente preservare.
In “Respiro svelato”, l’elemento naturale, in questo caso visibile nei rami di agave recuperati durante le mie solitarie passeggiate, determina in parte l’esistenza dell’opera. Questa assume così in modo più diretto il carattere fragile, di deterioramento e perdita già connaturato nell’uso del gesso. Ogni elemento della natura diviene, come nelle tradizioni cosiddette pagane impregnate di animismo e nelle filosofie orientali, espressione di quella scintilla divina che permea il creato.
Nella materia informe della stoffa viene invece riscoperto il senso di una sacralità ancestrale libera da forme e contenuti determinati e stabili ma che presenta la vita in quanto mistero, in quanto dono che si manifesta nella natura. L’accettazione del mutamento e dell’inevitabile fine, almeno quella visibile e tangibile, vengono in questo modo espresse attraverso il panneggio in cui la piega come piaga divengono allegoria della vita e della morte.
La scelta cromatica del bianco, sinonimo di purezza, è sia un riferimento alla cultura classica in quanto ideale da raggiungere, sia un processo di astrazione fisica e mentale dalla realtà. Le opere assumono così una dimensione atemporale in cui la stoffa si pietrifica e preserva, insieme all’intuizione, anche la variabilità sensibile delle cose. Immediatezza, spontaneità, senso dell’effimero concorrono all’esigenza di recuperare la dimensione umana nelle sue forme naturali.