OPERA IN CONCORSO | Sezione Scultura/Installazione

 | Progetto ”Janas”

Progetto ”Janas”
tecnica mista, alluminio, resine plastiche, carte di recupero e oggetti di materiali vari
variabili (ogni elemento singolo minimo ca. 10,5x5,x5x2,5 - max. 24x9x2,5)

La Chigi

nato/a a Bassano Del Grappa
residenza di lavoro/studio: Trento, ITALIA


iscritto/a dal 30 apr 2021

http://www.lachigi.it


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Altre opere

 | Controllo sociale. Resilienza

Controllo sociale. Resilienza
tecnica mista, alluminio, resine plastiche, spilla, carta
11x6x2,5cm

 | Dentro

Dentro
tecnica mista, alluminio, resine plastiche, carta
5,5x10,5x2cm

 | Fede

Fede
tecnica mista, alluminio, resine plastiche, adesivi
diametro 12 cm

Descrizione Opera / Biografia


Eppure, un sognatore di case, vede case dappertutto, per lui tutto lo stimola a coltivare sogni di alloggi.
G. Bachelard, La poetica dello spazio, Edizioni Dedalo, 2015, p. 82
La quarantena ha chiuso porte, porti, frontiere. Le strade sono diventate improvvisamente deserte e silenziose; le persone scomparse. La casa, culla, madre e salvezza nella solitudine, è diventata centro del ciclone, fortino inespugnabile anche dall’interno.
Ogni tanto si poteva intravvedere qualche fugace sagoma dietro qualche finestra. Cosa facevano tutti tutti i giorni lì dentro? Come stavano? Chi erano? Cosa volevano?
Dentro le case forse ci si amava – e a volte ci si odiava e, forse, si fuggiva -, ci si aspettava, si sognava di andarsene e ci si parlava, magari anche da una casa all’altra.
Nelle case si lottava e si resisteva contro la furia della tempesta, contro l’inverno del virus, nonostante e insieme con la casa stessa, divenuta concentrazione di due coraggi e due resistenze, casa e uomo.
C’erano troppe parole da dire che non potevamo pronunciare, c’erano relazioni che non potevamo coltivare.
Sentivo chiudersi le pareti delle case attorno ai loro occupanti, prigionieri per la loro stessa sicurezza e nelle loro sicurezze. Sentivo mancare l’aria pensando a loro e a me. Sentivo il bisogno fisico di aprire finestre nuove per me e per loro, per restituire possibilità alle persone liberandole dalle loro catene e prigioni. Per continuare a vivere e non a sopravvivere.
Era necessario far rientrare l’universo nella casa da tutte le porte e da tutte le finestre chiuse.
C’era bisogno di ironia, sogno e nuove direzioni per ritrovare se stessi e gli altri.
C’era bisogno di cibo sì ma anche quello per l’anima per superare l’alienazione e il senso di annichilimento.
E proprio nel cibo ho trovato la risposta. Nelle scatolette di pesce il limite - fisico e mentale - poteva diventare possibilità e nuovo spazio di vita. La scatola era “casa”, spazio chiuso e allo stesso aperto agli sguardi, finestra tra il mondo degli altri e il mio. Una casa piccola ma confortevole, della “giusta” misura, accogliente, spesso ironica, gioiosa e felice. La scatola era sbocco, casa concentrata che diventava Casa in espansione, finestra dentro che illuminava il fuori, le case degli altri, e ne ri-espandeva le pareti.
La scatoletta dava la possibilità di venire di nuovo al mondo in un luogo, grazie alla forza dello sguardo posseduta dalla sua piccola finestra. Le finestre delle abitazioni si controspecchiavano nell’apertura della scatoletta stessa.
Nelle scatolette di pesce potevo restituire alla vita in una sorta di condominio aperto chi dal fluire della vita era scomparso mentre il mondo procedeva. Potevo ricreare l’umanità libera e svelare storie di mondi paralleli e surreali realtà più reali del reale e correlativi oggettivi dei sentimenti - anche problematici -, delle emozioni e delle attese chiuse nelle case. Le scatolette erano allo stesso tempo case cellula e mondo in cui abitare immagini poetiche di rêverie di un altrove, grazie allo scarto concettuale abbinato a personaggi in miniatura, oggetti fuori scala e carte di recupero.
Nelle scatolette di pesce potevo “produrre” cibo per l’anima.
Le novanta opere del ciclo “Janas” sono quindi un’immensa Casa cosmica contenuta in potenza in ogni sogno di Casa, una Casa di case leggere aperte al vento di un altro tempo in cui si dispiegano in maniera fenomenologica sogni e ricordi.. Una macro Casa per abitare l’universo, cura contro la claustrofobia e strumento di topo-analisi collettiva dalla geometria della realtà al sogno della rêverie di abitazioni.
Tutto - ora - respira di nuovo.

La Chigi
Nata a Bassano del Grappa (VI), vive e lavora a Trento. Laureata in Lettere moderne ad indirizzo storico-artistico (Trento), ha iniziato la sua attività artistica negli anni duemila.
Divoratrice compulsiva di arte dallo spirito vintage, lavora con materiali non convenzionali e “objets trouvès” sul tema della Casa, spazio fisico e luogo dell’anima, e sulle relazioni (spesso problematiche) tra i suoi abitanti. Attraverso installazioni, ready made e oggetti materializza i loro sentimenti in piccole scenette ironiche e apparentemente leggere.
Le sue opere sono state presentate in Italia in mostre collettive nazionali (San Giacomo, Trento, Pergine, Asolo, Milano, Ponte in Valtellina e Foligno, Venezia) ed internazionali (Rovereto, Roma, Agropoli e Londra) e in personali (Trento, Pergine, Bassano del Grappa).
Dal 2020 è presentata dalla Galleria Contempo (Pergine Valsugana).