Descrizione Opera / Biografia
Descrizione opera
L’opera vuole giocare sulla debolezza della memoria e sulla labile tessitura di immagini e ricordi.
Protagonista dell’opera è la connessione visiva e materica che sussiste tra le due immagini: l’uccellino ritratto a grafite e una foto antica, precisamente del 1924, ritrovata dall’artista in un mercatino rionale.
L’uccello in diverse mitologie è accostato spesso ad una divinità o ad una forma di vita ultraterrena. Da sempre considerati sacri, nella cultura sciamanica, i volatili vengono visti come guide del viaggio spirituale o come compagni per l’oltretomba.
La foto rappresenta invece chiaramente una mamma con il suo bambino; una foto lontana all’artista in termini di spazio e tempo, ma che assume paradossalmente un connotato universale, di affettività, quasi archetipico, come archetipico è quell’uccellino considerato sacro nella memoria collettiva.
La tessitura della memoria e del collegamento che sussiste tra il compagno di viaggio ultraterreno e il ricordo di persone in vita, è qui presentata visivamente da veri e propri fili rossi cuciti; ogni filo porta con sè un ricordo o un frammento di un ricordo rarefatto, che tende a cancellarsi con il passaggio del tempo e con il viaggio spirituale.
Pochi fili, pochi sprazzi di ricordi felici.
La foto riporta sul retro la scritta ”Carneval 1924” e presenta un duplice scatto che varia di pochissimo, un’immagine così semplice ma così straniante che porta l’osservatore a riflettere sulla vita e sulla morte, sugli impercettibili cambiamenti, come quelli presenti sul duplice scatto a distanza di attimi, e di contro, sull’eternità della singola immagine.
L’opera intende far porre degli interrogativi allo spettatore, facendo generare in loro ricordi personali e proiettandoli verso un affettività universale che è insita in noi, ognuno con il proprio modo di vivere l’amore attraverso le proprie esperienze pregresse.
Biografia
Laureata in Storia dell’arte con un Master in Digital Heritage presso ”La Sapienza” di Roma, Daisy Triolo inizia da subito l’attività di Visual Artist.
Dal 2015 l’artista collabora con il MAD (Museo d’Arte Diffusa), associazione promossa dall’organizzatore e curatore Fabio D’Achille con l’obiettivo di riattivare e far circolare l’arte pienamente, anche in quei canali espositivi alternativi di solito trascurati.
Le sue opere sono stati pubblicate negli anni su riviste, libri specializzati, cataloghi e piattaforme artistiche.
Nel giugno 2018 esce il suo primo catalogo ufficiale con allegata biografia dal titolo ”Daisy Triolo. Sogni ludici” (acquistabile tra gli altri, anche presso la Feltrinelli).
Lo stesso anno una sua opera (dal titolo Misuro la Felicità, 2017, tecnica mista, cm.30x30x30) è entrata definitivamente nella Collezione permanente del MAAM, Museo dell’Altro e dell’Altrove di Metropoliz a Roma.
Partecipe di mostre nazionali ed internazionali, vincitrice del Primo Premio under 35 alla Biennale d’Arte di Latina (2016) e Finalista Nazionale del Concorso MarteLive (2019), Daisy svolge nel 2021 la sua più grande Personale proprio nella sua città, Sabaudia, in quella bella cornice che è Palazzo Mazzoni (Anime Ribelli, curata da Fabio D’Achille e coordinata da Daniela Picciolo per la Fidapa, con il contributo del settore Cultura del Comune della città).
A Novembre dello stesso anno l’artista è invitata a partecipare ad una grande collettiva, intitolata Be**pART presso l’Atelier Montez di Roma.
Triolo si descrive come una storyteller in continua ricerca di narrazioni, che rende concrete attraverso medium diversi, dal disegno alla pittura, al video fino alle composizioni tridimensionali. Negli ultimi anni compone installazioni tematiche formate dalla sua produzione materiale in cui racconta tutta la sua identità di donna e artista.
La poetica di Daisy Triolo si basa essenzialmente sulla memoria, sia essa collettiva o personale. Alcune volte si tratta di memoria vera, la propria, altre di una memoria inventata talmente forte che sembra assumere connotati reali.
Evolvendo verso una ricerca sul senso delle cose, Triolo tende a portare, in generale, nelle proprie opere complessi sentimenti interiori, metafore di avvenimenti personali e non, ricordi latenti, tutto reinterpretato attraverso la lente della malinconia. Se è vero che la forma rivela la parte più intima dell’autore, Triolo nelle sue opere offre sempre se stessa al pubblico nelle sue vesti più intime.