Descrizione Opera / Biografia
[ìn-cu-bo] è l’ultimo delirio di Francesco Carbone.
Una sintesi figlia della prigionia che stiamo ricercando dentro di noi, prepotente e, stupidamente, folle.
Acceso, spento, spento, acceso, in un ritmo ossessivo, compulsivo, convulso.
Quante volte nel corso della giornata accendiamo o spegniamo schermi? Anche quando non ci servono, solo per controllare una notifica, una mail, un messaggio, la tv come compagnia, il tablet o il cellulare per accompagnarci nel mondo dei sogni e farci risvegliare? Ci ”scrolliamo” di dosso il pensiero.
Restiamo troppo spesso “con la testa nel telefono”, china, il viso illuminato innaturalmente dalla luce emanata dal dispositivo, mentre guidiamo, mangiamo, mentre moriamo.
Siamo noi a fruire dello strumento o forse esso ad usare noi (abusare?), rubandoci il tempo che sosteniamo di non avere? Perché permettiamo ciò? Abbiamo rinunciato alla responsabilità, rivenduto il controllo, rinnegato la ragione. Intelligenza artificiale, artificiosa.
Il cubo illumina sì, ma acceca, nel cubo tutto è luce abbagliante e quando sposti lo sguardo la luce rimane e si imprime sulla retina per alcuni istanti, ingannando la vista, ingannando la vita.
Sbarre che si fanno strette intorno, il tempo è una chimera, la noia diventa mostruosità, il silenzio, un miraggio da pagare a caro prezzo.
Ma c’è una verità inconfutabile: per quanto lungo e mostruoso possa essere, dall’incubo ci si sveglia sempre.