L’opera si inserisce all’interno di un progetto più ampio che indaga i caratteri delle ripetizioni e delle sincronie.
I soggetti sono immersi in una dimensione fisica e in una antropologica, che si concretizza attraverso l’architettura, disposti e definiti in unico istante-evento.
La fotografia è lo strumento di analisi e comprensione attraverso il quale raccogliere gli indizi di questa sovrapposizione.
Il gesto del braccio, teso nello spazio architettonico, diventa punto di sovrapposizione e indagine umana.
La colonna dorica, con le sue scanalature verticali, impone un ritmo che trova un’eco nell’ombra dell’arto, una corrispondenza tra corpo e struttura.
Sullo sfondo le forme organiche di un lampione dalle linee liberty, reinterpretazione moderna dell’ordine classico.
La fotografia diventa così lo strumento per osservare la coincidenza apparente tra elementi che, nella loro relazione, generano un “terzo evento”: l’immagine stessa.
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La mia esperienza fotografica è derivata principalmente dalla semplice necessità di tenere traccia. Successivamente ho avuto modo di studiare fotografia a seguito dell’assegnazione di una borsa di studio presso Csf-Adams a Roma e di partecipare ad alcune mostre collettive in Italia e all’estero.