Descrizione Opera / Biografia
Mariagrazia Colasanto, artista visiva di origini molisane, nasce a Campobasso nel 1974.
Diplomata al Liceo Artistico di Campobasso prosegue la preparazione artistica con studi presso l’Accademia di Belle Arti di Frosinone.
Partendo da tematiche simboliste ricerca un tratto personale affrontando tematiche letterarie come la Salomè di Oscar Wilde , ammirando l’opera incisa di Beardsley; incide e racconta le proprie visioni attraverso poesie, brevi componimenti, disegni nei suoi libri d’artista; nelle xilografie l’onirico e il surreale hanno un ruolo primario, come nei dipinti. Perviene poi al linguaggio concettuale: la ricerca del bianco come non-colore condurrà alla lezione lasciata dalla poesia visiva utilizzata come trampolino per la realizzazione di opere e installazioni minimali, ma sempre con un caratteristico accento ermetico-evocativo. Nel corso degli anni il suo percorso artistico si valorizza di diversi linguaggi espressivi: il sensibile uso delle garze di gesso mediche dà corpo e forma a sculture e installazioni che indagano la fisicità femminile, partendo dall’esperienza emotiva personale che svela la cruda e sfuggente evidenza dell’analisi del reale.
La sua ricerca artistica legata a tematiche fisiche ed ambientali utilizza diversi media come fotografia, disegno, incisione, video e installazione.
Sperimentando materiali diversi e supporti come cartoni pubblicitari, oggetti trovati per caso che l’artista scopre e inserisce nelle installazioni, ogni oggetto si “carica” di significato, assume un nuovo valore incastonato nell’insieme .
Attraverso la fotografia in digitale ha la capacità di interrogarsi ed interrogare: le sue fotografie “sfocate” sono una vera e propria sfida al fruitore, che deve introdursi nel discorso riflessivo dei “documenti della realtà” in uno scenario sospeso tra forme indefinite ed enigmatiche. I collages minimali mettono l’accento sul senso di estraniamento contemporaneo, colgono aspetti del mondo interiore rarefatto accentuato dallo spazio bianco che enfatizza i soggetti e le sagome.
Emerge un universo fragile e poetico, visionario e innocente; le immagini risultano come una messa in scena di memorie sfumate e scontornate, elementi che comunicano un velato senso di immateriale , di silenzio, sfuggenti riflessioni che l’artista nella sua ricerca continua coglie e ripropone con vivida consapevolezza e continuo stupore.
L’opera proposta rappresenta un paesaggio glaciale, la terra è spenta: una figura femminile avanza come un giocoliere surreale, ha come copricapo dei tubi d’acciaio contorto. Un contenitore con vetri rotti, fiori come carta: è la terra devastata e trasformata, senza più colori.