Descrizione Opera / Biografia
descrizione dell’opera.
Permanganatosoma è una scultura appartenente alla serie delle sculture organiche. Il nome richiama l’elemento chimico manganese che, nel suo massimo stato di ossidazione (permanganato), assume la tipica colorazione viola dell’opera. Queste sculture sono realizzate con una pasta modellabile comunemente usata come gioco per bambini: un materiale facile da lavorare, che non richiede cottura e che permette di modellare senza timore di errore, inoltre da freddo il materiale mantiene elasticità non si rompe facilmente e il manufatto è facilmente riparabile. Questo aspetto elimina la paura del fallimento e della perdita e restituisce il piacere semplice e gioioso del gesto creativo e della fruizione dell’opera .
Le forme di Permanganatosoma evocano elementi della biologia e della chimica – molecole, tessuti, organi – ma anche gesti quotidiani legati all’artigianato e alla cucina, presenti in molte culture. La morbidezza del materiale richiama la consistenza dei corpi amati e abbracciati, suggerendo che la felicità risiede nel dare e ricevere affetto, nel lasciarsi toccare, senza paura. L’opera si presenta così come un piccolo dispositivo affettivo: un invito sensoriale alla cura, alla relazione e alla possibilità di una gioia resistente.
Biografia
Francesco Damiani è nato a Bari, in Italia, nel 1975. Dopo aver studiato chimica all’Università di Bari e al Centro di ricerca Fiat di Torino, ha iniziato un viaggio artistico radicato nell’intersezione tra pensiero scientifico e indagine visiva.
Nel 2007, ha partecipato al workshop “Tra Teoria e Pratica” presso l’Accademia di Belle Arti di Bari, lavorando con artisti come Vedovamazzei, Bianco-Valente, Pietroiusti e Cecchini. Nel 2013, ha partecipato alla scuola Tam Tam di Milano, studiando con Franco Raggi, Kazuyo Komoda e altri. Nel 2014, ha collaborato come consulente scientifico al progetto “Fondue Slippers” del designer Satsuki Ohata, presentato al Salone del Mobile.
Insegna al Liceo Artistico di Reggio Emilia. Tra il 2022 e il 2023, ha condotto laboratori di scenografia per il Liceo Coreutico ”Matilde di Canossa”, producendo oggetti di scena per spettacoli coreografati da Luigi Linardi e Arturo Cannistrà.
Le sue mostre personali includono Io ero come te a 17 anni (QU4RANTAN9VE, Reggio Emilia, 2018), XXXX (Samma Gallery, Urbino, 2020), Levitating/Sospensioni (SAC, Robecchetto Con Induno, 2021) e re-garde-toi (Lagalerue, Lione, 2022).
È stato selezionato per il Mellone Art Prize 2024 ed è stato finalista nel concorso Shape (Teelent Art) e Light Room (Rossart Gallery, Zurigo). Le sue mostre collettive includono Evocare in volumi (Milano, 2023), Orthogonal landscape (Galleria Manuel Zoia, Milano), La vita dell’arte V (Villa Venino), Iconoclasta (Spazio Hasita, Milano), Materica e La Wunderkammer (BoaSpazioarte, Bologna) e Tracce di futuri (Galleria Metamorfosi, Vicenza, 2025).
Credo che oggi più che mai ci sia un bisogno urgente di un’arte che non si limiti a denunciare, ma che offra possibilità, che non si fermi a raccontare l’angoscia, ma che apra spazi di respiro, di meraviglia, di riconciliazione con la vita. La mia pratica artistica si fonda sulla gioia e sulla felicità, non come evasione ma come atto radicale di resistenza. In un mondo che ci abitua al cinismo, all’indifferenza, all’ansia come norma, scegliere la felicità è una posizione politica. Creare bellezza, leggerezza, forme che evocano l’infanzia, il gioco, il desiderio, è per me un modo per contrastare la morte simbolica a cui spesso ci abitua il presente. Le mie sculture sono morbide, colorate, leggere, emanano il ricordo di un abbraccio, il senso vivo della carezza, della possibilità di essere accolti. Parlano una lingua sensoriale che ci riporta alla memoria ciò che ci rende umani. In questo senso, sono “dispositivi affettivi”: ci connettono alla parte più luminosa e vulnerabile di noi. Come scriveva Epicuro, “la felicità è il principio e il fine della vita felice”, eppure raramente l’arte contemporanea le concede spazio. Gilles Deleuze ci ha insegnato che creare è un atto di resistenza, e io credo che resistere oggi significhi anche difendere la possibilità della gioia. Spinoza parlava della gioia come aumento della potenza d’essere: io cerco di creare opere che aumentino la nostra capacità di sentire, di sognare, di desiderare. Portare gioia non significa ignorare il dolore, ma trasformarlo. Non significa nascondere le ferite, ma offrire un conforto. È questo il mio modo di stare al mondo come artista: creare piccoli antidoti poetici contro il buio. E farlo, oggi, è tutto tranne che un gesto ingenuo.