Descrizione Opera / Biografia
VENERE! è un’opera realizzata in terracotta mediante la tecnica del colombino. La scultura si articola in un blocco unico, in cui si riconoscono gli abbozzi di una testa e di un corpo, e in due elementi cordoniformi che fungono da ponte fra i due segmenti.
Sin dal titolo, l’opera rievoca la tradizione delle Veneri Paleolitiche, rappresentazionigeneriche ed anonime della femminilità, diffuse tra le culture preistoriche come oggetti dal significato magico e propiziatorio. Statuette piccole e compatte, così da essere facilmente trasportate dai popoli nomadi, le Veneri erano rappresentate come donne prosperose con attributi sessuali pronunciati, ma testa e arti rudimentalmente accennati.
In VENERE! la femminilità è suggerita da timide sinuosità, mentre seni e fianchi non sono chiaramente intuibili. Dai volumi morbidi emergono, invece, bozzi e nodosità che sembrano sollevarne la superficie come noduli sottopelle. La materia ceramica, solida e
densa, diventa un velo sottile attraverso cui trasparisce la sofferenza del corpo che giunge all’estrema deformazione in risposta all’esigenza di contenere ciò che altrimenti
straborderebbe: il trauma dell’oggettificazione, la violenza della categorizzazione e della finalizzazione della corporeità femminile. La deformazione è intesa quale metafora della somatizzazione, fenomeno squisitamente umano che consiste nel rendere organico - dunque nel proiettare sul corpo - un conflitto psichico, con
manifestazioni a carico dei diversi apparati. A differenza delle donnine paleolitiche - quasi microcefale -, in VENERE! il capo ha un suo peso specifico: la sua posa reclinata non racconta autocommiserazione, ma introspezione e consapevolezza di sé. I due cordoni creano, inoltre, un’evidente congiunzione tra testa e corpo, due centraline attente ad assorbire e rielaborare gli input provenienti dal mondo esterno. La scelta cromatica dello smalto, un magenta intenso, non è casuale. Vi riecheggia lontanamente l’ocra rossa attribuita alle fattezze originarie della Venere di Willendorf,
ma soprattutto il fucsia-viola della lotta femminista. VENERE! cela, infine, nel suo titolo un’ulteriore livello di significato: la volgarità, qui
esplicitata dall’esclamativo, dell’apprezzamento grossolano e spesso di natura sessuale a cui la donna in quanto donna è costretta ad esporsi.
BIO:
Gina Babić è un’artista Abruzzese classe ’95. Dopo aver concluso gli studi superiori nella sua città di origine, si traferisce a Roma per iscriversi alla Facoltà di Medicina. Approda per gioco alla ceramica nel 2020, dedicandovisi con maggiore concretezza solo dal 2022.
Nello stesso anno, dopo una breve esperienza di residenza collettiva presso Esthia, a Trastevere, fonda, con le stesse compagne, ViaVai, associazione culturale con sede nel cuore di Testaccio. Lavora l’argilla unicamente a banco e predilige la tecnica del colombino poiché più permissiva e adatta alla costruzione di
forme irregolari. Partendo dagli spunti formali offerti dal proprio ambito lavorativo, crea oniriche chimere anatomiche che esplorano in senso contemporaneo il concetto di barocco e affrontano tematiche attuali quali la corrispondenza fra crisi climatica e crisi
identitaria delle nuove generazioni, la somatizzazione del trauma e la fragilità della psiche. Il meccanismo narrativo è spesso la deformazione, intesa come evasione dalla forma e dalla regola.