Descrizione Opera / Biografia
Minerali e rimesse disordinate, floride foreste e inquietanti scale sommerse, pittorici petali e sfuocate stalattiti, inquietanti grumi di carne e rilassanti distese di neve. Sono giustapposizioni e appropriazioni di immagini scovate, quelle che Alan Stefanato dipinge con l’aiuto di un supporto tecnologico.
Gli ingredienti: un iPad, foto e reperti della rete, immaginazione.
L’esito: un quadretto, pittorico, che denuncia la sua contemporaneità.
Il lavoro si inserisce in un discorso legato al post-internet, a un’ arte che si avvale di strumenti attuali, gioca con le ricerche, dipinge con il dito su uno schermo touch.
Si vorrebbe parlare di una riflessione sull’autorialità labile, sulla velocità dello scambio telematico, o dell’appropriazione di materiale prodotto da altri per piegarlo a una propria specificità. O di una bassa qualità dell’immagine, di una rapida fruizione. La serie potrebbe essere un’arte da tumblr: scroll veloci, verso il basso, ancora più rapidi cuori lasciati tra i post di una piazza online. Ma mancherebbe di ricordare la pittorica qualità, il legame con le forme informi dei lavori precedenti, di cui sono una delicata e tecnologica evoluzione.
Si può allora ricordare il lavoro di Artie Vierkant, come artista e teorico: i suoi “Object Images” sono traduzioni fisiche di immagini che troviamo sulla schermata di un pc, rendono visibile la loro invisibile fisicità, perpetuandone l’infinita riproducibilità. Così le grafiche di Alan Stefanato affiancano la fruizione multimediale, memore degli entusiasmi della New Art, alla percezione tradizionale. Si collocano in un territorio liminale, come dipinti virtuali o gif pittoriche