Sedia libica (hic sunt leones)
smalto ad acqua, compensato multistrato
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“… Ma quel che conta, più che ripercorrere il lavoro di Sciff una tappa dopo l’altra, è piuttosto di coglierne le tendenze generali, la sua capacità di riportare tutto, storia nazionale e geografia turistica, sullo stesso livello di superficie variamente policroma e, come scriveva Gillo Dorfles, “dalla facile accessibilità”. Insomma, un pret à porter dell’immagine di consumo buono per tutti. Sciff non giudica e non condanna, suggerisce le possibili forme di uno spirito critico mantenendosi, d’altra parte, in una condizione di perfetta neutralità, di equilibrio mentale e di apertura su una realtà in rapidissima evoluzione. Egli sa perfettamente che l’immagine, come la parola, è divenuta un materiale fra gli altri e che tuttavia possiede ancora un potere; quello, per dirlo nei termini più generali possibile, di rendere più vitale ed attivo lo sguardo, di restaurare i termini di una relazione col mondo dotata di una possibilità critica, di una forza vitale, alimentata proprio dalla presenza dei tre poli, continuamente mobili: l’immagine, il pubblico e le cose. Non è, infatti, più il caso di rivendicare la fine della storia, pretesa miseramente naufragata già una decina d’anni fa nell’implacabile aggiungersi di fatti ai fatti, di tragedie a tragedie, di accadimenti ad accadimenti; non è il caso di suggerire un indifferente qualunquismo dell’atto creativo o estetico, perchè di fatto non è tanto il sistema dell’arte ma l’opera stessa a garantirsi o meno una capacità e un’efficacia specifica nella propria relazione con il mondo. Quello che si è perduto è però il centro, inteso tanto come “centro decisionale” per la definizione istituzionalizzata di cosa sia l’arte attuale, di chi debba farla e come, di cosa possa e debba trattare; ed è in questa nuova libertà, per così dire, o meglio instabilità dei confini, leggerezza dei generi e dei linguaggi, il lavoro di Sciff trova tutta la propria pregnanza ed attualità”.
Martina Corgnati