Descrizione Opera / Biografia
Senza titolo è una trasposizione numerica fatta a mano del codice colore di ogni singolo pixel di una foto-tessera scaricata da internet. I singoli codici numerici relativi ai colori dei singoli pixel di questa immagine presa dal web, sono stati riportati – quadretto per quadretto – su di un comune foglio a quadretti. A ogni quadretto, contenente un codice di 4 cifre scritto a mano, corrisponde il dato colore del rispettivo pixel appartenente alla foto-tessera scaricata.
Realizzare quest’operazione a mano, significa: controllare singolarmente a quale numero di decodifica corrisponde ogni pixel, e dopo di che riportare il dato verificato su di un foglio a quadretti, e ancora quadretto per quadretto attraverso un ordine di parallelismi preciso; questa sequenza di operazioni ripetuta 3835 volte.
Fermandosi a osservare ”passivamente” quest’opera si possono notare i contorni di un’immagine, di un viso, di una foto-tessera.
I contorni dell’immagine – ora decodificata – riemergono alla vista nonostante il sistema di segni che compone il quadro sia passato dall’essere formato da dei quadretti colorati (i pixel), all’essere formato da dei quadretti ognuno contenente una serie di 4 numeri.
Il parallelismo formato fra i due sistemi di segni fa riemergere i contorni dell’immagine originale, nonostante qui ci siano soltanto dei numeri.
Pare che Moholy-Nagy avesse ordinato la realizzazione delle forme geometriche che compongono l’opera Porcelain enamel (1922) impartendo istruzioni al telefono, cosa possibile soltanto in presenza di un codice condiviso, un sistema di riferimento che, opportunamente calibrato, rendesse attuabile la conversione e la condivisione dei dati. Un modulo, una matrice, uno stampo capace di replicare quel segno in un numero definito di esemplari. Bellomo, in modo analogo all’artista ungherese, in quest’opera, non resiste alla tentazione di esplicitare il processo di conversione di un’immagine, lo fa mediante la quadrettatura di un quaderno, uno di quelli utilizzati a scuola, quasi fosse un richiamo al processo di inquadramento a cui i bambini sono soggetti durante il periodo della formazione. Su un foglio a quadretti appunto, Fabrizio Bellomo riporta la sequenza numerica dei colori che compongono la fotografia a cui si riferisce, riscontrando così una piacevole corrispondenza formale. Queste tracce scritte a mano testimoniano come l’artista abbia provato a comportarsi come una macchina, compiendo una sorta di traduzione, un esercizio fisico dai rimandi concettuali.
Fabrizio Bellomo (Bari, 1982). Artista, curatore e regista. Porta avanti la sua ricerca in modo ibrido e multidisciplinare.
Suoi lavori audiovisivi, fotografici e installativi sono stati esposti in Italia e all’estero in mostre personali e collettive, attraverso progetti pubblici e festival cinematografici.
È stato invitato e selezionato da importanti istituzioni a partecipare a progetti e mostre fra cui: plat(t)form 2015 Fotomuseum Winterthur (Zurigo), Double Feature Tirana Art Lab (Tirana), ArtAround MuFoCo Cinisello Balsamo (Milano), 2004-2014 10 anni del museo di fotografia contemporanea Triennale di Milano, Milano un minuto prima Fondazione Forma Milano, Objet Perdù e Giovane Fotografia di Ricerca in Puglia Fondazione Museo Pino Pascali – Polignano a Mare (Bari), Progetto Memoria Apulia Film Commission (Bari- Tirana),Video.it Fondazione Merz Torino.
Il suo lavoro è inserito in saggi critici, dizionari di cinema e fa parte di collezioni pubbliche e private.
Ottiene numerosi riconoscimenti, fra cui, nel 2012, vince a Roma il Premio Celeste con il video 32 dicembre.
Il suo primo film è L’Albero di Trasmissione co-prodotto dall’associazione culturale Amarelarte, Fujifilm Italia e Apulia Film Commission; è distribuito da mymovies.it
Ha partecipato, fra gli altri, al 55° Festival dei Popoli di Firenze e al 34e Cinemed - festival international du cinéma méditerranéen de Montpellier.
Ha curato il volume Le persone sono più vere se rappresentate per Postmedia Books – Milano 2014, pubblicato Io neanche lo vedo più il codice, appunti per un possibile saggio all’interno del volume Generazione Critica 2 per Danilo Montanari editore – Ravenna 2015 e L’ISOLA CHE NON C’È Bari, quartiere San Cataldo per Linaria – Roma 2015.
Ha inoltre ideato e curato, progetti pubblici (amarelarte – Bari 2011) e rassegne video.
È rappresentato dalle gallerie Metronom di Modena e Rossana Ciocca di Milano.
È interessato al rapporto fra l’uomo e la tecnica, fra l’individuo e la tecnologia; ai cambiamenti antropologici dettati dalla meccanica come dai nuovi media; analizza il contemporaneo in relazione al passato e viceversa, convinto di una ciclicità temporale e non di una linearità del tempo.