Descrizione Opera / Biografia
Gabriele Mallegni nasce a Pisa nel 1977.
Si forma al Liceo Artistico Statale di Lucca, quindi all’Accademia di Belle Arti di Carrara, al corso di scultura.
All’inizio del suo percorso costruisce aereodinamiche e componibili sculture in ferro e resina, smontabili e adattabili, alcune anche luminose , in dialogo con l’ambiente che le ospita: grandi insetti e aracnidi.
Negli ultimi anni la sua ricerca si concentra sulle tecniche tradizionali della scultura applicate ad un immaginario contemporaneo: catastrofi, visioni distopiche, studi sulla decadenza e sugli abusi edilizi.
Il suo approccio è fortemente legato alla conoscenza dei materiali, all’uso delle mani .
Da alcuni anni si dedica anche al design e alla creazione di oggetti d’arte, e alla scultura in ceramica.
Inizia una collaborazione con la galleria Otto luogo dell’arte di Firenze, e nel 2012 la sua lampada a forma di cervello Illuminante viene recensita da Il Venerdì di Repubblica e dal giornale Arte, Mondadori.
Ricordiamo tra le mostre, la mostra Duo presso Otto Luogo dell’arte , 2012, Firenze, ’tween the lines, 2013 rassegna sull’incisione contemporanea, Laboratorio 21, Immaginar di Tavole Imbandite, 2014-2015, Palazzo Boccella, Lucca, a cura di Mauro Lovi.
Nel 2015 Still life, opera disegnata e realizzata con Caterina Sbrana per Studio17 vince il primo premio di ceramica di design alla prima edizione del Premio Internazionale Baccio da Montelupo, indetto dal Museo della Ceramica di Montelupo, Firenze.
Attualmente continua la propria ricerca artistica nel campo della scultura e del design e ha creato Studio17, con l’artista Caterina Sbrana, studio che produce tra l’altro oggetti d’arte e design.
www.studio17.it
Opera catastrofica in tre atti.
Tre momenti di un unico apocalittico evento, compongono questo lavoro.
Tre frame cinematografici, tre sequenze di una storyboard, una sceneggiatura tridimensionale, che ho modellato in argilla rossa in maniera urgente e fresca come un bozzetto.
Non sappiamo cosa sia successo, possiamo vedere però cosa succede dopo.
Una grande città in miniatura va a fuoco.
Distruzione e decadenza, l’ entropia della natura che avvolge gli scheletri degli edifici e riprende possesso, l’uomo non c’è più, le forme di vita che pretendeva di dominare abitano i suoi spazi.
Immagini apocalittiche abitano il nostro immaginario, letterario, visivo, interiore.
Possiamo osservare questo lavoro dall’alto, prendendo metaforicamente le distanze, oppure possiamo farci piccoli e immaginare noi stessi all’interno della città che va a fuoco o immaginare il rumore della vegetazione che cresce, o identificarci nel cane e sentire l’aria fresca che ci accarezza il pelo mentre osserviamo le rovine dall’alto nella terza e ultima scena.
In qualsiasi caso non possiamo ignorare quanto questa storia ci appartenga e ci riguardi.
Da qualsiasi parte la si guardi questa è una storia che è già accaduta e che probabilmente accadrà di nuovo.
L’immagine distopica della prima scena lascia il posto ad un visione finale aperta, inevitabile ma rigeneratrice e quasi rasserenante, una sorta di utopia in cui l’uomo non è contemplato: la natura che cresce silenziosa.