Premio Combat Prize

Lucia Dell’Orto - Premio Combat Prize

OPERA IN CONCORSO | Sezione Scultura/Installazione

 | IMpossibleliving

IMpossibleliving
tecnica mista su pmma, viti, bulloni, chiodi, figure, plexiglass
100x21x13 (bxhxp)

Lucia Dell’Orto

nato/a a
residenza di lavoro/studio: Milano, ITALIA


iscritto/a dal 09 feb 2016


visualizzazioni: 1683

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tecnica mista su pmma, viti, bulloni, chiodi, figure, plexiglass
26,4x15x12 (bxhxp)

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tecnica mista su pmma, viti, bulloni, chiodi, figure, plexiglass
40x28,5x9 (bxhxp)

 | IMpossibleliving

IMpossibleliving
tecnica mista su pmma, plexiglass
400x600 (bxp)

Descrizione Opera / Biografia


Lucia Dell’Orto’s Objects of Life
By John Austin
L’arte di Lucia Dell’Orto incanta ed insieme disorienta. Per certi versi i suoi lavori potrebbero essere interpretati in modo abbastanza tradizionale, riconducendoli alla tecnica del collage basata su immagini e materiali trovati, dove frammenti di pezzi antichi e oggetti convivono in un contesto di innocente inquietudine. Questo legame tra antico e contemporaneo comporta la sutura di un tempo e uno spazio imagistico che affiora da forze invisibili ma ben presenti. Delicati segni e forme accentuano i livelli di gioco e mistero, che rappresentano la cifra del suo linguaggio. Tuttavia nei suoi lavori si cela anche qualcosa di assai meno convenzionale.
C’è il senso di un significato più elevato, di una tensione drammatica che si ritrova attraverso questi lavori. Le immagini, che a prima vista sembrano avere un’origine quotidiana, sono propedeutiche per uno sguardo che rimanda a scarabocchi distratti o automatismi. E tuttavia devono cominciare ad essere lette come esplorazioni visive, che mettono a nudo il bisogno e il desiderio dell’artista di comunicare nel modo più efficace possibile un senso di ansia emergente.
Nella serie IMpossibleliving ogni immagine è pervasa da un febbrile virtuosismo. Lucide superfici in plastica sono accostate a vecchi bottoni, chiodi, viti, ferri da calza che agiscono come punti di demarcazione, rotture o fessure all’interno della sua arena pittorica. Diventano una metafora del tempo e della tecnologia in costante mutamento. Gli elementi di cui si avvale la Dell’Orto invocano la cucitura del tempo e dello spazio, la tessitura di un universo che minaccia di sprofondare e implodere, facendo saltare i punti di sutura. L’artista accosta gli oggetti in modo da intensificare la sensazione generale di ogni elemento, sfruttando una tensione creata dalla sensibilità con cui evoca un’atmosfera di vulnerabilità e tenerezza.
Le dense superfici metalliche in Tightness in Red creano una sconcertante atmosfera di compressione e turbolenza, slanci vitali che sembrano librarsi sull’esigua immagine tratteggiata a matita dei ferri da maglia incorporati nel plexiglass.
Un elemento che colpisce in questi lavori è il consumato controllo delle linee frementi, il significato apparentemente enfatizzato di quelle che si potrebbero definire le superfici feticizzate dei suoi oggetti e la reiterata invocazione di una ripetizione febbrile che viene annunciata per poi essere bruscamente ridimensionata.
Nella sua discussione sul significato, il filosofo francese Henri Bergson descrive il punto essenziale in cui un livello di contraddittorietà e una certa misura di slancio vitale vengono portati in modi imprevisti alla nostra coscienza, spesso mettendo a confronto delle coppie di opposti, per esempio l’artificio meccanico (e una certa necessità stringente) contro il naturale e/o biologico (fluida ineluttabilità del caso). Così scrive Bergson: “...Vivendo in essa, vivendo per essa, non possiamo impedirci di trattarla [la società] come un essere vivente. Sarà dunque risibile l’immagine che ci suggerirà l’idea di una società che si maschera […]. Ora questa idea si forma non appena percepiamo qualcosa di inerte, di già pronto, o infine di confezionato, alla superficie della società vivente. È di nuovo la rigidità, che stride con l’agilità interiore della vita.” Questo passaggio esprime bene il quoziente di vitalità che attraversa il lavoro di Lucia Dell’Orto, capace di trattare con leggerezza e al tempo stesso efficacia i sentimenti, forse, di perdita, di separazione, del tempo che passa. All’interno di questo equilibrio tra tensioni, l’artista costruisce scene intime in cui percepiamo un’attenzione cosciente (con la sua enfasi su un’apertura a sviluppi futuri), con la quale indaga il rapporto tra l’individuo e l’universo.
John Austin è un critico d’arte che vive a Manhattan.
Traduzione di Teresa Albanese