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Silenziose astronavi, appena atterrate su una terra desolata.
Paesaggi che fermano il tempo in uno stato di grazia: dei distributori di benzina, colti nelle ore del sonno
che ad essi restituiscono invece una forma anomala di vita. Isole luminose nel buio di parcheggi e marciapiedi deserti, quasi a dimenticare la folla, gli affanni del giorno, ad affrancarsi dall’icona consumistica che li rappresenta.
E se queste architetture – private dell’umanità che le abita, redente dalla propria identità funzionale –
diventano non-luoghi appoggiati in uno spazio mai georeferenziabile, contemporaneamente ritrovano la loro dignità estetica in una dimensione monumentale e straniante, entro un silenzio di solitudine e incomunicabilità.
Un paradosso metafisico, che allo spazio degli incontri e delle parole contrappone l’assenza di civiltà. E sia concesso il gioco di parole, perché si tratta anche di un no land, in fondo – il ritratto di una terra a volte inospitale, che cristallizza le nostre esistenze, evidenziandone le imbarazzanti inadeguatezze.
Protagonista la luce artificiale, che delinea i confini di costruzioni a noi familiari in un paesaggio senza linea di orizzonte, che esalta i vuoti e i pieni e si riverbera sull’asfalto; bagliori fluorescenti di cui appena si potrebbe udire il ronzio.
DAVIDE MONCIATTI
Nato nel 1980 in Provincia di Siena, si laurea in Architettura a Firenze nel 2007.
Affianca alla professione di architetto quella di fotografo, lavorando quasi esclusivamente con tecniche analogiche.
Studioso di linguaggi contemporanei in tutte le sue declinazioni, i suoi scatti sono stati esposti in mostre
collettive e personali ricevendo riconoscimenti a livello internazionale.
Nella fotografia, come in architettura, pone al centro della sua ricerca l’indagine sul rapporto tra il costruito e l’identità del luogo, tra l’elemento artificiale ed il paesaggio attraverso la sperimentazione di nuovi dialoghi tra l’immagine e le sua rappresentazione.
Vive e lavora a Firenze.