Da diversi anni mi appassiona la ricerca del segno libero, impiegato nella pittura attraverso pigmenti naturali e il disegno, mezzo per sentire quello che mi emoziona, il segno libero di acqua e pigmento trova un suo diritto di essere attraverso un ”collante” che lo sostiene, che lo definisce: il disegno scritto, a volte confine inviolabile di irrequietezza, a volte con un percorso parallelo dove nulla è chiuso a definire frammentarietà. La superficie appare come un territorio infinito e il mio intento è di creare mappe, portolani che rievocano mostri marini e guerrieri pietrificati. Uso china data con il pennino per vari motivi: sono gli strumenti e i materiali che ho usato quando il mestiere del grafico era ancora molto artigianale, inoltre rievocano la passione per i grandi autori del fumetto a me cari, come Alex Raymond e Hal Foster. Ma nel segno a china c’è anche l’idea del ‘riporto’, tecnica fondamentale dell’incisione calcografica che evidenzia l’ineluttabilità del segno, che non è altro che quello che è, il riporto – cioè - di quello che ho in testa. Anche il supporto che uso, la carta, è un materiale importante per me perché è vivo, duttile, tenace, fragile, la carta da spolvero in particolare con la sua consistenza porosa e il suo colore polveroso è la superficie perfetta per costruire i miei scenari. Così nascono “Confini in-definiti”, una serie di lavori che rappresentano continenti immaginari, leggendarie battaglie e stratificazioni urbane.