Artwork description / Biography
INTANGIBILE
L’evoluzione della percezione del concetto di Spazio ha portato alla genesi di nuove visioni. Gli Spazi di “Peaceful” e di “Empty Spaces” sono fondamentalmente intimi e interiori, appartengono a contesti architettonici che chiunque potrebbe osservare, io ho cercato di interpretarli per disegnare la mia percezione (anzi necessità) del Vuoto inteso come luogo intimo dove sperimentare armonia, equilibrio e la sospensione del tempo.
In quanto spazi “interiori” volevo fossero visionari, sospesi, in qualche modo immateriali. Nelle composizioni di “Questo spazio può essere tuo” le installazioni hanno anche preso le distanze dalle regole fisiche, andando oltre lo spazio e il tempo, accostando tessere di spazi capaci di parlarsi grazie ad elementi geometrici e cromatici. Ho utilizzato il dittico “Idealizzare lo SPAZIO” come chiave di lettura di questa mia concezione: attorno a due oggetti che costituiscono un contesto a noi familiare ho costruito uno Spazio surreale e visionario però armonioso e accogliente. L’installazione “C’è SPAZIO per tutti” invece ha focalizzato l’attenzione proprio sulla natura intima dello Spazio che cerco di condividere grazie al paradossale accostamento del salone di un castello che ospitava, anzi accoglieva, una mia opera a cui abbiamo dato tridimensionalità con una stampa quasi in formato reale e un parterre a pavimento, i visitatori potevano “entrare” nello Spazio.
In questa nuova serie il soggetto protagonista resta lo Spazio ma il mio obiettivo è quello di “crearlo” attraverso la luce e i colori, affascinato e ispirato (in particolare) dai lavori di Lucio Fontana e James Turrel. L’idea è nata considerando l’aspetto “immateriale” della luce. Parlare di aspetto immateriale non è propriamente corretto, l’elemento che intendo sfruttare è l’impossibilità di toccarla, la mancanza di una percezione fisica e tangibile che viene ad esempio restituita da una superficie o da un muro (elementi protagonisti delle altre serie).
La luce occupa necessariamente un volume, lo disegna, lo esalta, lo definisce. Il nero la contiene, ne limita la sua espansione, ne segna il confine delimitando uno “Spazio”. Si tratta però di un confine di “luce” (oppure di “buio”), comunque apparentemente non fisico. Questa apparente “non-fisicità” rende non tangibili questi spazi e ne amplifica la mia percezione a livello interiore, in una dimensione non fisica o reale. Il concetto di spazio è insito anche nel buio del colore nero: la dimensione dello “spazio” all’interno della composizione mi restituisce una percezione di prossimità, posso immaginarmi vicino o lontano dal soggetto. Elaboro questa distanza come dimensione all’interno di un vuoto capace di contenere il mio spazio. Spazio che implicitamente viene osservato dall’esterno, a differenza degli spazi di “Peaceful” ed “Empty Spaces” che osservavo dal loro interno.
Nel 2018, in occasione del Festival MARAVEE Fiction a cui ho partecipato, ho elaborato un installazione site specific costruita attorno a una fotografia di questa serie. L’opera era esposta nel contesto in cui l’ho realizzata e l’allestimento ambientale richiamava nel contesto alcuni elementi che costituiscono l’opera. A completamento dell’installazione, una traccia audio composta per l’occasione dal mio amico musicista Luca Colussi accompagnava i visitatori attraverso l’installazione. Lo Spazio 6883 che propongo con la mia candidatura rappresenta in pieno la vocazione di questa ricerca. Attualmente sto lavorando ad ulteriori opere.
Nota Bio:
Sono nato nel 1978 e cresciuto a Tuscania prima di trasferirmi a Udine dove vivo e lavoro. Autodidatta, ho scelto la fotografia come (consapevole) mezzo d’espressione non molti anni fa. Inizialmente il mio è stato un approccio di tipo sociologico, reportagistico. Nel 2015 ho percepito la necessità di riconoscere un mio canale espressivo intimo e personale. Durante un progetto di ricerca sull’architettura del territorio Friulano, il mio sguardo ha iniziato a cercare qualcosa che andasse oltre la rappresentazione della realtà, disegnando una sensazione interiore, interagendo con geometrie, forme e colori. Da queste ricerche iniziali, nel giro di pochi mesi è nato il progetto fotografico “Peaceful” ed in seguito “Empty Spaces”. Dal 2016 mi dedico unicamente a lavori di ricerca incentrati sulla mia personale concezione dello Spazio.
Maurizio Ciancia