La fotografia isola in un’unica posa un piccolo gesto di trasformazione della propria persona. Come per Gogol il cappotto, come per Kafka lo scarafaggio in se stesso, qui è il pensarsi con un altro lessico possibile. Si prende a prestito allora la lingua di un bovino, per un altro intendimento che non sia sempre umano. Quando la lingua è largamente consumata nella tradizione culinaria, qui ripresa per altri scopi, a cominciare dall’immaginazione, l’immaginazione di una glossaria possibile, un insieme di molteplici lessici umani e non umani, verso altri intendimenti.
Giulia Sofi, Palermo 1991, vive attualmente tra Venezia e Palermo.
Formazione legata all’architettura e alle arti visive tra Venezia e Parigi (IUAV-ENSBA). Dopo gli studi seguono esperienze in realtà come Viaindustriae Publishing (Pg) nell’ambito del libro d’artista e della pubblicazione indipendente. Nell’anno 2019-20 vincitrice di una borsa studio in contenuti editoriali radio e podcast per Il Sole 24Ore (MI).
Le ultime produzioni sono maggiormente legate all’uso del suono e della parola come mezzo espressivo. Tra le più recenti esperienze: L’Habitat di domani, mostra collettiva presso la Fondazione Bevilacqua la Masa, Venezia; Thalassa Sogni, istallazione presso Marséll Paradise, Milano; Teoria dei Climi e Metereologia, Mastericlass artisti e poeti presso Muse, Museo delle Scienze di Trento; Artista in residenza per Artist exchange programme, Dipartimento di cultura Landeshauptstadt di Düsseldorf.